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11. espressionismo astratto

Giò Pomodoro rappresenta le rielaborazioni della memoria nella sua indefinibile composizione lignea, che sembra muoversi minacciosa come un'arma e dondolare silenziosa come un pendolo.

Anche Mino Ceretti utilizza il legno a formare una croce, omaggio ai tanti martiri, ma forse anche simbolo di un accesso chiuso per sempre a qualunque nemico.

La composizione di Pietro Consagra, non immediatamente leggibile, sembra alludere a una minimizzazione operata dall'affievolirsi della memoria storica e della coscienza politica.

Mauro Staccioli cita il pittore russo per uno sguardo alla realtà italiana, nella quale si è prodotto uno strappo che non si ricuce;

molto intenso è anche il pezzo di Giovanni Campus, nel quale la iuta insanguinata evoca un'esistenza dura ed essenziale, dove l'uomo compie ancora lo sforzo immane della difesa e della sopravvivenza.

Giancarlo Sangregorio scolpisce una climax che nel crescendo dei materiali, da quelli umili a quelli pregiati, culmina nella vittoria.

Mario Benedetti suggerisce, nelle abrasioni e nelle graffiature del colore, la fatica di mantenere una memoria che non deve essere perduta,

e che viene ripresa, ad esempio, nel ricordo del sangue versato dai partigiani, che nell'opera di Sandro Cherchi rappresentano l'unico punto di unione nell'Europa sconvolta dalla guerra.

Nell'opera di Giuseppe Scaiola, un oggetto enigmatico travolge nella sua caduta violenta la natura, frantumandola e disintegrandola, creando comunque un movimento,

come nel dipinto di Edoardo Franceschini, nel quale i colori intensi e le linee che li attraversano sembrano simboleggiare appunto un confronto mancato per anni.

Giuliana Geronazzo ci mostra "ciò che resta": la nostra memoria, nitida ma appartenente a un'altra età, a un altro mondo.

Solenne e impreziosito dalla lamina d'oro il messaggio di Vera Beatriz De Carvalho.