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Linea diretta con il curatore della mostra Le centoquattro opere originali esposte in permanenza al Castello della
Rancia di Tolentino, nella generalità, sono frutto di stilemi facilmente
riconducibili alle elaborazioni formali proprie della ricerca artistica
contemporanea ormai consolidata. Oggi anch'esse costituiscono la memoria
del nostro tempo e quello che è rimasto dei valori promulgati cinquant'anni
fa. Le diverse ricerche iconografiche, proprie dell'arte contemporanea, non
sono ancora accolte nell'immaginario sociale e ciò non è
una novità solo del nostro tempo: occorre che questa dimensione
creativa entri nella coscienza del grande pubblico. Dell'arte contemporanea
si suole dire: "è facile", "ne sarebbe capace chiunque"
o, per inverso, chi la guarda con diffidenza la trova incomprensibile.
La raccolta esposta al Castello della Rancia, una vera e propria silloge
delle voci e delle tendenze artistiche attuali, dal figurativo all'informale,
presenta opere tutte inedite. Gli artisti, prevalentemente all'apice
della loro espressione creativa, nati nella prima metà del secolo
- tutti viventi a eccezione di Brindisi, Cavaliere, Fabbri, Fiume, Mastroianni,
Migneco, Munari, Rossello, Sassu, Sortino, Spadari, Veronesi e Zauli,
scomparsi di recente - sono in maggioranza di fama nazionale, molti di
essi di rilievo internazionale. I pochi giovani presenti, peraltro significativi,
evidenziano il filo di continuità ideale tra generazioni. Se consideriamo i limiti dello spazio "imposto", l'unicum
proposto dal modulo - l'individuazione del senso perseguito dalla ricerca
artistica contemporanea - estrinseca il valore nella diversità
dei linguaggi o, per meglio dire, il senso è intrinseco
nel linguaggio. È anche vero che la complessità ha in sé una certa
dose di ambiguità, che non va vista tuttavia come un dato negativo,
ma come elemento di ricchezza. In questo contesto, per riuscire a trovare
la via, occorre capire i processi e riconoscere i valori. Tutto ciò
non comporta necessariamente una facilità di lettura dell'opera,
in molti casi allusiva, densa di metafora se non talvolta spiazzante,
come nel collage di Getulio Alviani. La citazione di un autore è solo esemplificativa: ora è
il fruitore protagonista dell'intrapresa; niente è facile se manca
il codice interpretativo. La raccolta nel suo percorso espositivo si dirama nelle diverse articolazioni
per aree di tendenza e poggia su una strutturazione didattica, ove le
tracce didascaliche fungono da orientamento e non vogliono precostituire
giudizi. Devo sottolineare che le diverse espressioni formali, pur tenendo
conto del doppio ruolo assegnato all'arte, ovvero la ricerca linguistica
e la proposta sociale, non scadono nel racconto; niente appare retorico,
oleografico o di maniera. Paul Klee asserì che l'arte deve rendere visibile l'invisibile,
per cui raccontare una storia può essere inessenziale. Mi preme
sottolineare però la necessità di una lettura filologica
della collezione, più che di natura poetico-contenutistica. Le
opere in molti casi sono emblematiche, gli "eventi" sono visualizzati
per analogia simbolica ed evocativa della realtà. In alcune opere
affiorano, secondo i casi, modulazioni di luce-colore e ritmo compositivo
spaziale talora imponderabili; altre opere si diramano invece in molteplici
direzioni, talvolta dense di un realismo che coglie l'essenza nei suoi
aspetti evidenti, dall'espressionismo impetuoso sino a raggiungere, in
alcune opere, il carattere di un "informale sui generis". Una mostra sicuramente nuova nell'approccio, di significativa omogeneità
e molteplicità di tendenze. Un progetto che deve fare i conti con
la più esigente categoria di critici che esista: i giovani, critici
lesti a scoprire ogni espressione pretenziosa o di sentimento spurio. Doveroso merito va riconosciuto alle Autorità politiche di questa
Provincia, non solo per la loro intuizione nella politica culturale del
territorio, ma anche per l'impegnativo lavoro che li attende. Il Castello
della Rancia, polo di aggregazione e di coordinamento delle attività
museali della Regione, è l'"esempio pilota" che può
divenire nel tempo un riferimento culturale di sicuro rilievo nazionale,
favorendo un indotto certamente produttivo e già laborioso. L'impegno è esaltato da una sede che francamente ritenevo e ritengo
di grande fascino e di particolare rilievo storico-artistico. Saranno
comunque i cittadini ad apprezzare le qualità di questi Amministratori,
il loro valore e la loro concretezza. Faccio queste affermazioni, che
non possono apparire sospette, fuori dal contesto emozionale di rituali
propri dell'inaugurazione della prima sezione di questo Museo del Territorio,
che si avvia ad essere un grande museo italiano. Occorre credere ai fatti; se queste sono le premesse, il consenso è solo conseguente. Buon lavoro. Carmine Iandoli |
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