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Arte e storia: un dibattito che continua

Tolentino
Museo Storico - Castello della Rancia
Sezione Arte Contemporanea

L'adesione di grandi firme

Con l'esposizione di sculture e dipinti originali di oltre cento artisti contemporanei, si avvia la costituzione del Museo Storico al Castello della Rancia di Tolentino (Macerata).

Dopo la commemorazione di una ricorrenza non bisogna certo aspettare una nuova scansione di decenni o di occasionali consonanze numeriche per ribadire la validità di un'operazione di rilevanza culturale ed artistica come quella a cui Carmine Iandoli ha dato vita tre anni or sono: il progetto "Memorie: cinquant'anni dopo, 1945-1995".

Innanzi tutto, va sottolineato il fatto che non si è trattato certo di un episodio o di un fugace evento imperniato su una mostra temporanea, ma di una rassegna che ha richiesto un lungo percorso di elaborazione e che intende rimanere operativa nel tempo. E nel tempo della storia il lavoro di Iandoli ha preso posto, inserendosi negli spazi della Sezione di Arte Contemporanea del Museo Storico nel Castello della Rancia, presso Tolentino, da dove continua a dialogare con gli artisti e con il pubblico.

Imprescindibile è il riconoscimento del valore didattico della collezione proposta da Iandoli, sia per la scelta del soggetto, che impone una riflessione storica su un periodo del più recente passato del nostro paese, sia come opportunità per una riflessione critica sulla potenzialità creativa degli artisti di oggi e della qualità del loro lavoro. Il termine "qualità" è forse la chiave di questa iniziativa perché, se non fosse supportata proprio da un alto livello qualitativo, sia nella scelta degli artisti invitati, sia nell'impegno sincero con cui questi hanno risposto all'invito, tutta l'operazione si sarebbe esaurita nella retorica della commemorazione.

La sfida di rispondere ad un unico tema avvalendosi di un modulo formale di base - il supporto di terracotta realizzato con l'evocativa forma di una bandiera - conferisce omogeneità alla collezione di opere, che assurgono a repertorio emblematico dell'arte contemporanea e delle molteplici sue possibilità linguistiche. La necessità per gli artisti di muoversi all'interno di un'apparente costrizione, sia di tema, sia di forma, anziché ridurre le possibilità espressive ne moltiplica la potenza, perché ogni soluzione linguistica, formale e poetica realizza - per citare Schiller - la propria "libertà nel fenomeno".

Lo spazio della bandiera diventa infatti, di volta in volta, l'equivalente di una tela su cui intervenire con la materia pittorica, rispettandone il contorno, come avviene nei lavori di Riccardo Dalisi, Pietro Consagra, Giorgio Celiberti e Bruno Caruso, che hanno operato sulla superficie del modello presentato. Altri autori ne hanno ridiscusso l'orientamento, mettendolo in verticale, rivedendo quindi il movimento originario di lieve sventolio; sul modulo verticale hanno operato Remo Brindisi, Gianni Bertini, Sergio Sarri, Giorgio Griffa. Molti altri artisti hanno invece manomesso la struttura o la stessa sostanza del modello proposto da Iandoli, salvando l'idea originaria, ma ridiscutendone la stessa sostanza formale, ridotta così a mero punto di partenza di cui rielaborare movimento, spessori, direzioni. Oki Izumi ha lavorato con il vetro, riproducendo il modulo nella sua forma, ma negandone l'esistenza materiale e ha ricostituito il volume originario con lamelle di vetro tricolori, accostate e incollate tra loro in una solidale trasparenza. Anche Eleonora Pusceddu ha utilizzato il vetro, ma non in direzione costruttiva, bensì operando una frattura sulla fragile superficie; la consistenza stessa del vetro è diversa nelle due opere: qui conserva il ricordo di una sua passata modellabilità. Diversa è la rottura, non più casuale, ma profondamente strutturale, messa in forma da Arnaldo Pomodoro: lungo la linea di spezzatura viene messa a nudo l'anima tecnica che si cela sotto la liscia superficie.

Un lavoro costruito su una lacerazione è quello di Pino Spagnulo, in cui della memoria rimane ciò che è sopravvissuto attraverso il tempo, che ha lacerato, combusto, consumato la bandiera: su di essa si legge tutto il tormento della materia che ha attraversato il dramma della guerra e di cui è rimasto un provato lacerto. Una suggestione analoga è nel Fossile di Franco Zazzeri, un altro lavoro fondato sul ritrovato reperto di una memoria. Corrosa è anche la Montagna di Walter Valentini, che ricrea una superficie lunare. Carlo Zauli, nella sua Genesi, ha invece accartocciato la bandiera e l'ha strizzata come se si trattasse di una stoffa.

Una serie di opere basate sull'elemento cromatico con la presentazione del dominante colore rosso, proposto per la sua pregnante valenza simbolica, sono quelle di Giuseppe Ajmone, Paolo Baratella, Martha Belbusti, Sandro Cherchi, Enrico Della Torre, Agenore Fabbri, Carlo Ramous, Luigi Veronesi, Giuseppe Zigaina, Alberto Sughi, fino alla tragica colata di colore di Luigi Mainolfi. Interessante il rosso intervento materico di Giovanni Campus, che riveste un angolo della bandiera con della iuta intrisa di colore. Cromatico-materica è anche l'opera di Giò Pomodoro, dove le forme ritrovano, tra vecchi reperti, gli oggetti simbolici del passato conflitto. Di un diverso orientamento spaziale e di altra potenza plastica, a tutto tondo, il lavoro di Giancarlo Sangregorio. Ancora altre cromie per Getulio Alviani, Giuliano Barbanti, Giorgio Griffa e per gli interventi gestuali di Giuseppe Scaiola e Paolo Schiavocampo.

Si potrebbero citare ad una ad una queste opere, trovando tra loro sofisticati rimandi e raffinate tangenze. È un'operazione al contempo di critica e di storia dell'arte la costituzione di questa raccolta di pezzi, perché Iandoli, in nome della qualità delle opere, ha profilato una dorsale delle espressioni artistiche contemporanee, con le loro molteplici, suggestive connessioni.

Oltre alle opere citate, sono da segnalare i lavori di altri artisti significativi quali Antico, Benedetti, Bodini, Bonichi, Calabria, Caminati, Canuti, Carmi, Cascella, Cattaneo, Ceccomori, Ceretti, Comencini, Consagra, Dangelo, De Carvalho, De Filippi, Del Pezzo, De Vecchi, Echaurren, Fiume, Franceschini, Gianquinto, Guccione, Habiche, Chin, Jandoli, Isgrò, Kodra, La Pietra, Longaretti, Marchese, Mariani, Marzulli, Mastroianni, Migneco, Moncada, Mucchi, Mulas, Munari, Mussio, Ossola, Paradiso, Pardi, Pescatori, Porzano, Pozzati, Raciti, Reggiani, Reich, Repossi, Rinaldi, Rossello, Rotella, Sassu, Soffiantino, Sortino, Stefanoni, Tadini, Timoncini, Titonel, Treccani, Trubbiani.

Si potrebbe tentare una lettura storico-artistica di questa serie di autori anche, semplicemente, in chiave generazionale: da chi, cinquant'anni fa, era un giovane artista testimone degli eventi a chi sta oggi ripensando a una storia ereditata dal proprio paese, ai giovani che hanno imparato a conoscere e interpretare il passato.

Esempio di un'intera generazione artistica - quella dei giovani politicamente impegnati - sono le opere di Boriani, Cavaliere e Staccioli. Nell'opera dei primi due si incontrano e dialogano, da un lato, la ragione che genera dubbi, dall'altro, la fantasia che offre certezze: incontro dialettico di due protagonisti della storica Biennale del 1964 in una data che segna la soglia di inizio della rivoluzione culturale, un movimento mosso da un bisogno di cambiamento che non è stato ancora appagato. Una storica rivoluzione è evocata anche nella terza opera, Caro Malevic di Mauro Staccioli, che scalpella dalla bandiera un perfetto e acuto triangolo rosso, un cuneo come strumento d'azione per aprire un varco alla ragione.
La chiave di lettura scelta da Iandoli, e sottolineata sia nel catalogo, sia nel video, sposta invece l'attenzione sui possibili raggruppamenti artistici per partizioni critiche, se non di scuole, almeno di tendenza: concettualizzazione iconica, figurazione critica, figurazione visionaria, immagini della memoria, tra natura e storia, immagine oggettiva, astrazione lirica, espressionismo astratto, informale, tra progetto e decorazione, metafora dell'assemblage, ricerca neo-concreta.

Il pubblico, colto o profano che sia, attraversa questo mare ondeggiante di opere alla ricerca di emozioni, confronti, suggestioni, stimoli visivi, riflessioni e viene accompagnato dalla voce narrante della poesia che, pur chiedendosi "E come potevamo noi cantare...", non può tacere il bisogno della sofferta denuncia e del toccante rimpianto. In versi è anche l'opera di Mino Trafeli, che con una punta incide nella terracotta della bandiera il celebre passo dantesco "Libertà va cercando, ch'è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta".

Maria Fratelli